giovedì 24 luglio 2014

Gli spettacoli Teatri di Pietra Sicilia

 Titoli e Sinossi

Arte e Spettacolo Domovoj

E N E I D E - CIASCUNO PATISCE LA PROPRIA OMBRA
Da Virgilio, Ovidio, Marlowe
drammaturgia e regia Matteo Tarasco
con Viviana Altieri , Nadia Kibout, Giulia Innocenti
Scene e Luci Matteo Tarasco - Costumi Chiara Aversano
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Teatro dei due Mari
 ELENA
da Ghiannis Ritsos
regia Francesco Tavassi
con Mariangela D'Abbraccio
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Estreusa/Mda Produzioni
ARGONAUTI - Giasone e Medea
da Apollonio Rodio, Franz Grillparzer, Euripide
da un idea drammaturgica di Maurizio Donadoni
regia e coreografia Aurelio Gatti
con Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Stefano Fardelli , Rosa Merlino e Cinzia Maccagnano
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Città Teatro
L'INFINITO Giacomo
Vizi e virtù di Giacomo Leopardi
Ritratto inedito del poeta attraverso le sue opere
musiche di Mozart Bach Beethoven Chopin Rachmaninov Dvořàk
drammaturgia e regia Giuseppe Argirò
con Giuseppe Pambieri
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Hystrio/MdaProduzioni Danza
BABILONIA
da un'idea di Marcello Fiorini
coreografia Rosa Merlino/Monica Camilloni
musica originale eseguita dal vivo Marcello Fiorini
con Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino

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Molise Spettacoli - Compagnia Molière
Cercasi Dea, disperatamente!!
da Aristofane -traduzione e adattamento di Marco Caponera e Chiara Cavalieri
Scene Andrea Bianchi-Costumi Alessandra Benaduce
Regia Roberto d’Alessandro
con Antonella Piccolo , Enzo Casertano, Chiara Cavalieri e Debora Caprioglio
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MELODIA PRIMORDIALE
- DEMETRA E KORE-

di e con Paola Pace
percussioni,toys, marimbe Sergio Calì
scena Stefano Giglio – costumi Giusva Pecoraino
da L’inno Omerico a Demetra, Il Ratto di Proserpina di Ovidio,Salustio, Nietzsche, D'Annunzio,
Giuseppe Conte, Goliarda Sapienza, Natalie Castagnè.

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ESTREUSA/MDA PRODUZIONI
KAIROS
della assenza e dell'essenza
da Ecclesiaste, Platone e Aristotile
regia e coreografia Aurelio Gatti
con gipeto
Carlotta Bruni, Rosa Merlino
canto Miriam Palma
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Fontana Medina / MdaProduzioni
PULCINELLA E L'IMPERATORE
da Svetonio, Virgilio, Strabone
drammaturgia Sebastiano Tringali
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Marcello Fiorini e della tradizione popolare
con Carlotta Bruni,Monica Camilloni,Gabriella Cassarino,Tiziana D'Angelo,gipeto,Rosa Merlino,
Mario Brancaccio Sebastiano Tringali

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CRDL – Residenza Coreografica
MVULA SUNGANI company
ATLANTIDE
dalla danza alle danze di terra
con
Emanuela Bianchini – stella internazionale
ed i solisti della Mvula Sungani Company
Musiche AA.VV.
Costumi Giuseppe Tramontano
Regia e Coreografie Mvula Sungani








Arte e Spettacolo Domovoj in collaborazione con TEATRO ARGOT STUDIO e DOMINIO PUBBLICO

E N E I D E - CIASCUNO PATISCE LA PROPRIA OMBRA
Da Virgilio, Ovidio, Marlowe
drammaturgia e regia Matteo Tarasco
con Viviana Altieri , Nadia Kibout, Giulia Innocenti
Scene e Luci Matteo Tarasco - Costumi Chiara Aversano

Una fulgida oscurità ammanta l’epopea della guerra di Troia: oscure sono le trame della storia, fulgido il mito. Potremmo raccontare la storia dell’uomo nei secoli, attraverso le differenti culture dominanti in Occidente, come il perenne conflitto tra due istanze contrapposte: tradurre in immagini fantastiche la realtà, o, al contrario, tradurre in realtà la fantasia.
In questo percorso d’individuazione, il Teatro è stato sempre strumento principe, luogo di scoperta e contenitore di racconti di miti, specchio dell’essere umano.
Già gli antichi Greci - coloro che primi codificarono in forma scritta e in codici performativi, l’arcaica prassi del Teatro – sapevano, grazie alla lezione di Eraclito, che “la natura ama nascondersi”. E pertanto, considerando la Natura come madre di Verità, cercarono, attraverso il Teatro, uno specchio capace di coglierne i riflessi; cercarono, attraverso il Teatro e le sue modalità espressive che tendevano all’individuazione del sé (la agnizione preludio di purificazione), una eco di quella visione interiore profonda di cui l’essere umano è portatore.
Il Teatro era dunque – ed è tuttora – uno sguardo sull’essere e, in quanto sguardo, nessuna immagine speculare lo può contenere.La magia del Teatro è insita nella sua fuggevolezza: quando ci specchiamo, vediamo la nostra immagine, ma non lo sguardo che la determina. Lo sguardo, come il Teatro è dietro l’immagine che vede, ama nascondersi, come la natura di Eraclito, e pertanto, forse, la vera essenza dell’essere umano, il vero sé, è al di là dell’immagine, oltre i confini della visione, nell’immaginazione appunto, in tutto ciò che noi chiamiamo fantasia. Il Teatro, fabbrica di quella particolare fantasia chiamata realtà, con le sue scene, storie e racconti, ci rimanda un residuo di visone sull’essere, ci mette in contatto con la sua invisibilità, e indicibilità, che il più delle volte non si lascia percepire, o sembra marginale. Il Teatro contiene un margine essenziale di non-detto, entro cui si cela il nostro essere, e, mediante l’uso della maschera, induce l’uomo a rapportarsi con emblemi del sé che lo connotano, lo caratterizzano e lo inducono a trovare un’identità. La maschera funge da catalizzatore d’istanze inconsce presenti nell’essere umano, per quanto non mai esercitate o esercitabili.
Pensiamo ad esempio all’eroe tragico Amleto, che si dimena e si lacera sul limite dell’”essere” (e del “non essere”): il suo destino induce a riflettere, e modifica così la direzione del divenire personale di chi riflette. Amleto esprime tutto questo in due versi: “Il tempo è fuor di squadra, maledetta dannazione/ essere venuto al mondo per rimetterlo in sesto.”
Mettere in scena ENEIDE oggi, significa esser consapevoli di tutto questo, significa sfidare, sulle assi del palcoscenico, l’essenza più profonda del proprio essere, significa cercare di rimettere il mondo in sesto come novelli Amleto, con l’arma tagliente del Teatro.
La nostra Eneide è una sfida lanciata agli spettatori: una sfida a valicare il confine dello specchio, una sfida a spogliarsi della maschera per offrirsi nudi al cospetto di Verità.
Matteo Tarasco


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Teatro dei due mari
ELENA
da Ghiannis Ritsos
regia Francesco Tavassi
con Mariangela D'Abbraccio

Struggente e visionaria la Elena di Troia che Ghiannis Ritsos ci offre: immaginariamente pluricentenaria, assediata dal fantasma maledetto della propria antica bellezza. Sola nel palazzo che fu teatro del suo rapimento da parte di Paride affronta i propri ricordi e l'arrivo della fine tra i pochi resti impolverati e sgretolati di gioielli e vestiti, trofei di un passato fiero, sottratti al saccheggio di giovani e e sprezzanti ancelle. Intorno a lei i fantasmi di coloro che le dedicarono la vita fino alle estreme conseguenze.
Con Mariangela D'Abbraccio la bellezza di Elena, sarà espressa come traccia di una antica maschera, ancorata alla fine della vita come ultima e beffarda espressione di una umanità trapassata, simbolo della resistenza alla devastazione del tempo e alla morte. L'Elena di Ritsos è la speranza, o meglio la consapevoleza (che è anche atto di fede del poeta) che qualcosa si salva sempre dal naufragio, dalla distruzione totale. Perchè "chissà - / là dove qualcuno resiste senza speranza, è forse là che inizia / la storia umana, come la chiamiamo, e la bellezza dell'uomo."

Francesco Tavassi

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Estreusa/Mda Produzioni
ARGONAUTI - Giasone e Medea
da Apollonio Rodio, Franz Grillparzer, Euripide
da un idea drammaturgica di Maurizio Donadoni
regia e coreografia Aurelio Gatti
con Carlotta Bruni, Benedetta Capanna, Stefano Fardelli , Rosa Merlino,
e Cinzia Maccagnano

La nave salpa‚ salutata da un'immensa folla. Mentre si allontana dalla spiaggia Orfeo leva in alto il suo canto‚ accompagnando il ritmo dei remi che tagliano le onde azzurre del mare.
…...........E quando la polvere e il fumo cominciano a diradarsi‚ scarmigliato e lucido di sudore appare Giasone. Guida con fermezza le belve‚ che trascinano l'aratro d'acciaio. Gli animali arano la terra‚ mentre l'eroe sparge nei solchi i denti di drago che Eeta gli aveva consegnato. Col sorgere della luna‚ nel campo arato‚ si delineano delle forme che diventano sempre più grandi e più chiare. è un esercito immane di guerrieri che viene fuori dal terreno. Giasone‚ seguendo ancora una volta il consiglio di Medea‚ scaglia nel mezzo di questi strani e misteriosi esseri un grosso sasso.................
….. Quando finalmente la nave Argo approda sulle coste elleniche gli Argonauti si rendono conto che al termine di quell'avventura non portano con se solo il prezioso e magico vello d'oro‚ ma ognuno ha acquisito doni più' grandi come la coscienza dell'essere e la conoscenza dell'ignoto. Le avventure e le continue peripezie li hanno forzatamente coinvolti in situazioni imprevedibili‚ proiettandoli in mondi sconosciuti e a contatto con civiltà' ignote‚ dai costumi e dalle idee spesso diverse‚ se non addirittura opposte alle loro.
Ed e' qui‚ che accettare di mettere in campo le proprie certezze e confrontarle in quelle di altri uomini fu senz'altro la vera‚ straordinaria dimostrazione di spregiudicata intelligenza degli Argonauti e lo e' ancora oggi per tutti gli altri navigatori che decidono di uscire dalla rotta stabilita dalla convenienza e dalle consuetudini per rischiare di sballare‚ buttare a mare‚ le proprie convinzioni ormai ben ancorate nel calmo golfo dell'inamovibile buonsenso. Permanente è la vicenda di Medea, sacerdotessa di Ecate – che innamoratasi follemente di Giasone tradisce il suo popolo, aiuta l’amato a rubare il sacro Vello d’oro e fugge con lui per poi essere, dopo alcuni anni, ripudiata a sua volta per un’altra donna (Glauce, figlia del re di Corinto) ....Una una lettura che trascende il piano individuale per porsi invece come rappresentazione simbolica dell’incontro-scontro tra due culture diverse.: da una parte il mondo arcaico, irrazionale e magico di Medea; dall’altra il mondo moderno, razionale e laico di Giasone. Dall’incontro di questi due mondi, agli antipodi fra loro, non può che nascere lo scontro. E si tratterà, nella fattispecie, di un conflitto insanabile, lontano da qualunque possibilità di sintesi ..... il viaggio onirico‚ visionario‚ tramite il quale ogn'uno raggiungerà il fondo della propria anima‚ non è detto che sia è quel luogo remoto e inviolato dove appare la luce della coscienza.....
Un viaggio di sola andata per danza‚ teatro e musica.

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Città Teatro
L'INFINITO Giacomo
Vizi e virtù di Giacomo Leopardi
Ritratto inedito del poeta attraverso le sue opere
musiche di Mozart Bach Beethoven Chopin Rachmaninov Dvořàk
drammaturgia e regia Giuseppe Argirò
con Giuseppe Pambieri


“L’imperfezione del genio, in tutta la sua irregolarità, conduce alla solitudine, a un pellegrinaggio estenuante nell’universo.
Leopardi è un re senza regno, è Amleto che arriva oltre il limite del conoscibile, supera la coscienza affermando la vita nel suo groviglio inestricabile di bene e male; per il genio tutto è noia, è tedio incommensurabile. Il poeta di Recanati, con lucido disincanto, affonda a piene mani nella verità e ne trae la radice del dolore. È inutile chiedersi a che punto sia la notte; la notte non finisce… mai. I regni, i globi, i sistemi, i mondi, non sono che una pallida rappresentazione del pensiero dell’uomo, ma l’anima giace nelle profondità ed è a tutti invisibile tranne al poeta che può profanare il suo mistero e consegnarlo all’uomo.
Leopardi, affettuosamente Giacomo, nel nostro viaggio, non appare così distaccato e lontano dai piaceri terreni, non ci sembra affatto disinteressato a ciò a cui aspira la gente comune. Giacomo è vulnerabile, ansioso, riservato, schivo, eppure è pervaso da un desiderio inesauribile di vita. Giacomo è goloso, non può fare a meno di dolci, cioccolata, paste alla crema e gelati. In questo ricorda Mozart, altra creatura divina nella sua sregolatezza. Non a caso alcune delle sue più scandalose composizioni, fanno da contrappunto agli aneddoti più divertenti della vita di uno dei massimi autori italiani.
La biografia romanzata che esce fuori dalle pagine dell’Epistolario e dello Zibaldone, ci aiuta a costruire un ritratto singolare ed inedito del nostro poeta. Leopardi, con grande sincerità, confessa le sue paure come la sua fobia per l’acqua, un fastidio che giungerà al parossismo e alla comicità, culminando nel rifiuto del bagno almeno settimanale. Non mancano gli spunti divertenti per riflettere sul suo rapporto con l’eros e la sessualità. Nelle sue stesse parole, il desiderio di una vita normale, è incessante: il dono della poesia appare spesso come una maledizione divina che lo segna come diverso, lo condanna a una sofferenza eterna e lo affranca contro ogni sua volontà dal mondo che lo circonda. Ecco, questa è la figura dilaniata, spesso scissa, combattuta e afflitta che la parola non può contenere. Leopardi non è tutto nella sua poesia. La sua ricerca affettiva attraversa i secoli e incontra una disperata umanità che per sopravvivere alla storia che avanza, non può che stringersi in una solidarietà reale che diventa l’unica possibilità di sopravvivenza, ancora oggi per tutti noi.” Giuseppe Argirò

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Hystrio/MdaProduzioni Danza
BABILONIA
da un'idea di Marcello Fiorini
coreografia Rosa Merlino/Monica Camilloni
musica originale eseguita dal vivo Marcello Fiorini
con Carlotta Bruni, Monica Camilloni, Rosa Merlino

Nella mistica di derivazione biblica Babilonia è una metafora utilizzata per definire una società‚ uno stato o un'istituzione che assomma in sé ciò che è considerato negativo nella natura umana.... e in qualche maniera evoca il Caos allorchè tutti i linguaggi si mischiano e diventano incomprensibili l'uno all'altro. Secondo i Veda‚ il Caos non è un misterioso disordine cosmico che ci attende nel profondo dell'Universo e nemmeno un magmatico oceano di lava che ribolle minaccioso accanto al cuore della terra‚ ma è l'illusione di questa realtà‚ il continuo gioco tra desiderio e sofferenza che costella e soggiace alla trama della vita.
Attraverso questa visione ‚ Il Caos quindi è nella nostra percezione‚ è nel credere ai nostri sensi. Nel credere anche in un senso delle cose‚ senso che con tutta probabilità‚ invece‚ ci sfugge. Questi i pensieri che hanno dato vita al progetto nato dall'incontro tra Marcello Fiorini e Aurelio Gatti‚ una ricerca su quelle infinite e alchemiche discordanze tra corpo‚azione e musica che nel complesso generano una dinamica altra‚ nuova‚ totalmente estranea agli elementi generativi eppure intimamente collegata con questi. La parte coreografica affidata a Rosa Merlino e Monica Camilloni che già si sono sperimentate‚ con ottimi risultati‚ nel lavoro di Metamorphosis. Il debutto previsto per Museo Regionale D'Arte Contemporanea‚ Palazzo Riso di Palermo.


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Molise Spettacoli - Compagnia Molière
Cercasi Dea, disperatamente!!
da Aristofane -traduzione e adattamento di Marco Caponera e Chiara Cavalieri
Scene Andrea Bianchi
Costumi Alessandra Benaduce
Regia Roberto d’Alessandro
con Antonella Piccolo , Enzo Casertano, Chiara Cavalieri e
Debora Caprioglio

Avere poteri divini non è cosa facile, ed anche quattro Dee navigate ed esperte come Afrodite, Artemide, Atena ed Estia soffrono la loro condizione diventata ormai frenetica e routinaria quanto eterna. Nel loro ufficio in cui quotidianamente smistano e valutano le preghiere rivoltele dagli esseri umani tutto sembra procedere nervosamente bene da millenni, fino a quando un giorno Estia, la dea della casa, scompare misteriosamente lasciando le tre dee nel panico, tanto da portarle alla decisione di assegnare un potere divino ad un’umana! ma a chi? Il problema delle tre diventerà il motivo per compiere un excursus tra le figure femminili nel teatro di Aristofane; da Lisitrata a Prassogora de “Il Governo delle Donne” fino alle Tesmoforiazuse. Grazie anche alle descrizioni Omeriche delle protagoniste, lo spettacolo metterà in luce la complessità della figura femminile sia sulla terra, quanto sull’Olimpo, ma sempre in modo ironico e accattivante quanto fedele ai testi di riferimento. La dura scelta della sostituta, evidenzierà l’eterno, quanto attuale, dilemma dell’influenza del potere sull’uomo e sull’ancor più attuale influenza dello stesso sulla figura della donna di cui ogni giorno si dibatte ormai da decenni. Il viaggio delle tre dee nel teatro di Aristofane si risolverà in un finale riflessivo e ironicamente amaro, volto a dare uno spunto nuovo e di speranza.

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ESTREUSA/MDA PRODUZIONI
KAIROS
della assenza e dell'essenza
da Ecclesiaste, Platone e Aristotile
regia e coreografia Aurelio Gatti
con gipeto
Carlotta Bruni, Rosa Merlino
canto Miriam Palma


Kairos (καιρός) è una parola che nell'antica Grecia significava "momento giusto o opportuno" o "tempo di Dio". Gli antichi greci avevano due parole per il tempo, kronos e kairos. Mentre la prima si riferisce al tempo logico e sequenziale la seconda significa "un tempo nel mezzo", un momento di un periodo di tempo indeterminato nel quale "qualcosa" di speciale accade. Ciò che è la cosa speciale dipende da chi usa la parola. Chi usa la parola definisce la cosa, l'essere della cosa. Chi definisce la cosa speciale definisce l'essere speciale della cosa. È quindi proprio la parola, la parola stessa, quella che definisce l'essere speciale. Mentre chronos è quantitativo, kairos ha una natura qualitativa.. Come divinità Kairos era semi-sconosciuto, mentre Crono era considerato la divinità del tempo per eccellenza. Esiodo dice che è "tutto ciò che c'è meglio di qualcosa" ed Euripide dice che ciò "è il migliore delle guide in ogni impresa umana". Non è tuttavia dato a tutti di raggiungerlo; appartiene allo specialista che, avendo delle conoscenze generali, è capace di integrare i fattori del momento che gli permetteranno di osservare la particolarità della situazione. Il kairos dipende da un ragionamento e non è sottoposto al gioco dell'occasione, tuttavia svolge un ruolo decisivo nelle situazioni imprevedibili ed insolite.
Tutte le accezioni di kairos non sono direttamente legate al tempo ma tutte sono legate all'efficacia. Indipendentemente dal settore previsto (medicina, strategia, retorica... ) inverte le situazioni e dà loro un esito definitivo (la vita o la morte; la vittoria o la sconfitta). È la condizione dell'azione riuscita e ci insegna che paradossalmente, il successo tiene quasi a nulla.
Kairos sfugge costantemente alle definizioni perché si trova sempre al centro di due concetti: l'azione ed il tempo; la competenza e la possibilità; il generale ed l'individuale. Non è mai completamente da un lato o da un altro. Questa indeterminazione è legata al suo potere di decisione. Trattiene per ogni caso gli elementi necessari per agire ma non si confonde con loro. È "libero" di cambiare ed è per questo che è così difficile da afferrare nella pratica e da comprendere nella teoria.Kairos è descritto nei versi del poeta Posidippo. La statua allegorica originale di bronzo fatta da Lisippo era collocata a casa sua, nell'Agora dell'ellenica Sikyon, ed era scolpito sulla statua di Kairos il seguente epigramma di Posidippo: "Chi era lo scultore e da dove veniva? Da Sikyon. Come si chiamava? Lisippo. E chi sei tu? Il Tempo che controlla tutte le cose. Perché ti mantieni sulla punta dei piedi? Io corro sempre. E perché hai un paio di ali sui tuoi piedi? Io volo con il vento. E perché hai un rasoio nella mano destra? Come segno per gli uomini che sono più pungente di qualsiasi bordo pungente. E perché hai dei capelli davanti al viso? Per colui che mi incontra per prendermi per il ciuffo. E perché, in nome del cielo, hai la parte posteriore della testa calva? Perché nessuno che una volta ha corso sui miei piedi alati lo faccia ora, benché si auguri che accada, mi afferra da dietro. Perché l'artista ti ha foggiato? Per amor tuo, sconosciuto, e mi mise su nel portico come insegnamento".


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MELODIA PRIMORDIALE
- DEMETRA E KORE-

di e con Paola Pace
percussioni,toys, marimbe Sergio Calì
scena Stefano Giglio – costumi Giusva Pecoraino
da L’inno Omerico a Demetra, Il Ratto di Proserpina di Ovidio,Salustio, Nietzsche, D'Annunzio,
Giuseppe Conte, Goliarda Sapienza, Natalie Castagnè.

Lo spettacolo di affabulazione , vede Paola Pace ed una giovane e molto brava violoncellista ( anche violinista ), Iris Walther. Le musiche originali saranno sue composizioni.
E' costruito in una modalità essenziale ma intensa e ritmata, molto affabulatoria ( come nell'interpretazione dell’ira funesta di Demetra). Tra le fonti essenziale Il Ratto di Proserpina di Ovidio con l'immagine fantastica della Trinacria che grava sul corpo del gigante Tifèo che furioso erutta lava e fuoco... Dall’Inno Omerico è stata tratta la parte più legata ai Misteri Eleusini e il senso sacro di questo mito, con conseguenti momenti ieratici.
Poco meno di un'ora di rievocazione- preghiera ancestrale, racconto, suggestione, musica.
Demetra e Kore, due donne, un Doppio... Ambientato nella Antica Sicilia Greca, terra di culti, Misteri e iniziazioni,
tra prati fioriti di narcisi magici, Inferi che si spalancano improvvisamente:
- l'Ira Furiosa della Grande-Madre Demetra a cui rapiscono l'amata figlia Persefone genera la ricerca, il ritrovamento, la soluzione.
Demetra- Dea delle messi( e dell'oblio)
- che farà seccare tutto il raccolto del mondo fino a quando Zeus non si deciderà a scendere a patti con il fratello Ades, re dell'Oltretomba, e farà ritornare la fanciulla Kore nove mesi l'anno,- ritorno che coincide con la Primavera- e il ritorno perenne dei germogli della Vita .
Il Mito di Demetra e Kore ritorna ciclico come le stagioni che incarna.
Una invocazione al Tempo che scandisca - generoso - ancora una volta il suo giro, e alla Terra che continui a proteggerci benevola, concedendoci ancora i frutti delle Arti e delle Lettere, il diletto dello Spirito e tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno per vedere ancora e ancora la Luce. Paola Pace

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Fontana Medina / MdaProduzioni
PULCINELLA E L'IMPERATORE
da Svetonio, Virgilio, Strabone
drammaturgia Sebastiano Tringali
regia e coreografia Aurelio Gatti
musica originale Marcello Fiorini e della tradizione popolare
con Carlotta Bruni,Monica Camilloni,Gabriella Cassarino,Tiziana D'Angelo,gipeto,Rosa Merlino,
Mario Brancaccio Sebastiano Tringali

Nasce per l' occasione dell'anno augusteo " Pulcinella e l'Imperatore" ,una farsa per danza, musica e teatro che, attraverso la vicenda dell'imperatore Ottaviano Augusto, ripropone i temi - mai tramontati – dell'anelito di libertà, della ricerca di un'identità che non sia un sortilegio, un destino da compiere, ma una scelta . Una sorta di dramma giocoso con Pulcinella - maschera universale con la sua saggezza, l’irriverenza (verso i potenti), lo spirito critico, il grottesco, l’umorismo pungente da una parte e l'Imperatore Ottaviano Augusto ,un "conciliatore" instancabile, tra tradizione e innovazione, strenuo sostenitore della pace quale condizione necessaria per consentire lo sviluppo e soprattutto il progressivo superamento di ogni stato di crisi ed emergenza. Eppoi la probabile corte augustea con ancelle, concubine, mogli, badanti, figlie gemelle adottate,accanto al mondo militare e alla casa imperiale fatta di servi, cavallanti, fantesche, cuochi.... .in contatto con l'improbabile mondo dei defunti tra cui Virgilio ed Epicuro che solo Pulcinella può vedere e dialogare. Sullo sfondo, citata per i suoi paesaggi tra cielo e mare, la residenza imperiale di Pausilypon.
E' stato necessario affidarsi ad una maschera metastorica, capace di permanere e durare oltre le vicende storiche concrete, per raccontare di un uomo- seppure imperatore- che si pone – solo- di fronte alla storia e la cui vicenda coincide con la moltitudine delle gens dell'impero. Di fronte ai "dilemmi imperiali", i ragionamenti del personaggio dell' immaginario per eccellenza: drammaturgico e teatrale, mimico, pantomimico, coreutico e musicale, artistico e letterario, colto e popolare, religioso e profano - Pulcinella. Maschera che ci consente un'escursione tra mito e storia in cui è possibile – ancora - fare emergere le contemporaneità , senza nulla concedere ad una improbabile conciliazione beatificante: miserie e nobiltà , oscenità e sacralità , ossequi ed irriverenze, schiavitù e libertà , contraffazioni ed autenticità , quotidianità e lirismi, interdizioni e dialogo, non sono contraddizioni ma il canovaccio che contrassegna e scandisce l'esistenza . Questo racconta Pulcinella.. offrendosi come nudo contenitore in cui epoche e geografie, gruppi sociali e culture, arti e linguaggi e umanità diversi hanno saputo e voluto rappresentarsi e specchiarsi. In questa maniera l'Imperatore accoglie il suo compito e ruolo di testimone e artefice di storia e Pulcinella afferma il suo nesso col reale, ribadendo tra le sue tante verità , quella che gli appartiene più profondamente: d'essere appunto , una zona di confine con l'inconciliabile e il non conoscibile.
Quattordici interpreti in scena tra danzatori, musicisti, cantanti e attori con una storia straordinaria come quella di Augusto Imperatore , riletta e misurata dalla maschera di Pulcinella.

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CRDL – Residenza Coreografica
MVULA SUNGANI company
ATLANTIDE
dalla danza alle danze di terra
con
Emanuela Bianchini – stella internazionale
ed i solisti della Mvula Sungani Company
Musiche AA.VV.
Costumi Giuseppe Tramontano
Regia e Coreografie Mvula Sungani

Il viaggio fantastico è l’espediente usato in questa nuova opera del coreografo Mvula Sungani per raccontare alcune storie che dall’interno di se stessi, portano verso un isola immaginaria dove tutte le culture si incontrano.
Questo percorso onirico e multietnico parte dalla ricerca della conoscenza di quelle forze che creano le più importanti e suggestive atmosfere musicali dando vita alla complessa “macchina” di emozioni umane intesa sia nella sua accezione individuale che collettiva.
L’idea di pensare un percorso nel mito, che dalla Magna Grecia, ovvero il sud Italia, con i suoi ritmi e le sue tradizioni, si tuffa nel Mediterraneo e raggiunge le spiagge di altri continenti, miscelando la physical dance con le danze popolari e le danze africane.
La base di partenza sono gli spettacoli Etnika e Fantasia a cui vengono aggiunte molte nuove coreografie.
“Uomo, conosci te stesso, e conoscerai l’Universo” dicevano gli antichi; e fra l’uomo e i luoghi di origine tutte le storie e le antiche leggende sembrano stabilire legami e analogie indissolubili. Una discesa in se stessi, quindi, dove i luoghi della mente diventano luoghi reali, fisici, quasi una geografia dell’anima.
Questo viaggio, che prende forza e struttura dalla musica colta unita alle musiche popolari, è una ricognizione intorno agli aspetti più intimi ma più veri dei singoli suoni che nascono dalla gente. Così, per esempio, l’impulso amoroso è conosciuto e descritto nel suo aspetto di passione dalle canzoni di origine popolare e così via. Insomma, ogni musica avrà una sua danza ed ogni danza un suo significato.

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Compagnia dell'arpa
FEDRA random
Drammaturgia Elisa Di Dio e Filippa Ilardo
Con Elisa Di Dio, Nadia Trovato, Sergio Beercock
Musiche originali: Gaetano Fontanazza- Costumi Cinzia Muscolino, Luca Manuli
OrganizzazioneAurora Tilaro – Regia :Filippa Ilardo e Angelo Di Dio

Questa è una Fedra che non ragiona, solamente vuole. Questa è una Fedra dissoluta edannata, ma ancora innocente. Questa è una Fedra annegata nel lago del sogno, nutrita solo dal suo delirio. Una Fedra che consuma il furore di un amore malato nel fuoco della libidine, che ama il limite più di se stessa. Una Fedra che non conosce il passare del tempo, ama sfidare e sfidarsi.
Questa Fedra è di sangue, quello che di terribile c'è in lei emana da quel filo che la tiene legata alla
sua storia, alla madre, Pasifae che partorì il Minotauro, alla sorella che lo uccise.
Ruotano accanto a lei, due figure, ombre, fatte della stessa materia dei sogni. Ippolito, il figliastro che subisce, intuisce, ha paura di sporgersi troppo oltre e, nella furia, si trasforma in Minotauro, poi ancora in Teseo, eroe che torna dal mondo dei morti. Ma è Arianna, la sorella che per colpa di Fedra è stata abbandonata, a tessere le fila del gioco scenico che da lei è animato, dalla sua voglia di vendetta, dalla sua necessità di perdono. Arianna è solo un’ombra, forse solo proiezione mentale di
Fedra in preda ad un delirio notturno, giunge da una dimensione altra, ultraterrena. Sono tutti vittima. Il Minotauro è vittima di Arianna. Arianna è vittima di Fedra. Fedra è vittima di sé stessa, della sua origine. Questa Fedra è insieme moderna e antica, nella sua storia è rinchiusa una forza selvaggia, primitiva, trascorsa come è dall'inizio fino alla fine dall'impeto della passione. Questa Fedra è un polo magnetico, nella sua storia si addensa il senso del sacro, del religioso, dell'etico, del piacere e della colpa, dell'imperfezione umana e divina. Questa è la nostra Fedra, non merita giudizio, né condanna, è solo una vittima giunta alla soglia di qualcosa, una donna invischiata nel suo labirinto di passione e morte, in un tempo indefinito, in un trascorrere da un tramonto a un’alba.